venerdì 25 gennaio 2013

"(Im)perfette Armonie", Scene da una fotografia

La compagnia teatrale romana DoveComeQuando (DCQ), nell’ambito della III edizione del Festival INVENTARIApromuove la II edizione del concorso Scene da una fotografia, che si propone di far emergere e valorizzare quei lavori fotografici (foto di scena, backstage, ritratti, ecc.) che rivelino un personale approccio sia allo specifico tema annuale del concorso sia all'idea stessa di teatro, che ciascun artista porta con sé, manifestando una propria, definita identità autoriale.

Di seguito pubblichiamo il tema del bando della seconda edizione, ideato da Flavia G. de Lipsis, che troviamo particolarmente stimolante per la creatività di chi unisce la passione per lo scatto a quella del palcoscenico. La quota per la partecipazione è pari a 8 euro in caso di invio delle immagini entro l'11 marzo 2013 e pari a 12 euro entro l'1 aprile 2013.




"(Im)perfette Armonie"
Asimmetrie umane e non che gravitano attorno al palco. 
Ad un passo dalla regola d'arte, dalla compiutezza d'opera, dalla misura esatta. 
Laddove ogni cosa diventa improvvisamente chiara, riconoscibile, assolutamente nostra. 
In tutti i sensi. 
Sono le (Im)perfette Armonie, che alcuni chiamano capolavori.


Info e Contatti
scenedaunafotografia@dovecomequando.net
+39.320.11.85.789
 


venerdì 11 gennaio 2013

A Bosnian Story - il racconto al bin11

Si apre l'anno nuovo anche per quanto riguarda gli eventi torinesi legati alla cultura fotografica con l'interessante proposta dell'associazione bin11, via Belfiore 22a, Torino, che inaugura questa sera alle ore 19.30 la mostra "A Bosnian story: the rudnik doo", fotoreportage a cura di Jacopo Gallitto, Carlo Mossetti e Carlo Reviglio.  La mostra, che si inserisce nell'ambito della II edizione della rassegna "REPORTAGE FROM BABYLON, i linguaggi del reportage", rimarrà presso la galleria bin11 fino al 27 gennaio 2013. 


Il progetto fotografico “A Bosnian story: the rudnik doo” (Bosnia Erzegovina, 2011), racconta il lavoro nella miniera di carbone Rudnik doo, i cui minatori, nel 1993, scavarono il tunnel che collegava Sarajevo assediata al resto del mondo. La miniera è un simbolo dimenticato nella Bosnia Erzegovina di oggi, un paese che cerca di saltare sull'ultimo treno per l’Europa ma che si trova ancora in balìa di ferventi nazionalismi e di una fragile economia. 

Sarajevo, Inverno 1993. Dalle colline che circondano la città l’esercito serbo assedia la capitale da sedici mesi. Nella notte del 30 dicembre un gruppo di minatori provenienti dalla vicina città di Breza, scavano un tunnel dal sobborgo di Hrasnica fino al cuore della Sarajevo assediata. Ricompensati con un pacchetto di sigarette per otto ore di lavoro, in quel momento aprono l’unica via sicura con il resto del mondo per i tre anni d’assedio che sarebbero seguiti. A quasi vent’anni da quell’episodio, Rudnik doo, la miniera di carbone, non ha mai chiuso, continuando le attività estrattive come ha fatto sotto il tiro dei cecchini serbi durante il conflitto in Bosnia-Erzegovina. Rudnik è Breza: l’apertura degli impianti, l’espansione delle gallerie negli anni di Tito hanno accelerato la crescita demografica rafforzando l’interdipendenza tra miniera e città; tutt'ora continua ad assorbire la maggior parte della forza lavoro, costituendo la principale fonte di sostentamento per la popolazione dell’intera area circostante Breza. In Bosnia, dove la disoccupazione si attesta al 40% della forza lavoro e lo stipendio medio è di circa 800 Konvertibilna Marka (circa 400 Euro), percepire dai 600 KM (per i neo assunti) ai 1600 KM (dopo decenni di servizio) come dipendente Rudnik costituisce l’unica alternativa al servizio militare, a lavori sottopagati o in nero. Ma nella città di Sarajevo, dopo quasi vent'anni dalla fine del conflitto in Bosnia Erzegovina, nonostante si continui ad alzare altari ai caduti, si è presto dimenticato il fondamentale contributo dato dalle braccia dei minatori di Breza, che continuano a scavare gallerie lunghe chilometri rischiando ogni giorno la vita.


Vernissage h19.30 | bin11, via Belfiore 22a, Torino
info: www.bin11.it



giovedì 10 gennaio 2013

Anno nuovo vita nuova?

di Armando Cervetti

Anno nuovo vita nuova. Spesso con questa affermazione si apre ogni inizio d'anno, nella speranza di cambiare ciò che non ci è piaciuto dell'anno appena concluso e di mettere in atto i "buoni propositi" dell'anno che viene. Da parte nostra invece, il desiderio è quello di continuare sulla strada dell'anno passato cercando di raccontarvi le immagini che più ci emozionano, i progetti fotografici e gli autori di arti visive che più ci colpiscono e affascinano e gli eventi che riteniamo più interessanti sul territorio, compresi i nostri ovviamente. 

Come iniziare l'anno sul nostro blog, dunque? Questa è la domanda che, devo ammettere, non ha trovato immediata risposta nei giorni scorsi, forse perché la risposta, come spesso accade, era troppo semplice: iniziare l'anno raccontando un progetto fotografico che dura da quasi 27 anni e che parla, attraverso le immagini, proprio di questo. 

London, 1985 - ph. Jill Waterman
Si chiama "The New Year's Eve Project" il lavoro della fotografa americana Jill Waterman che immortala la fine dell'anno, ovvero quell'attimo di festa che segna un passaggio temporale condiviso da tutti nel mondo. Le immagini ritraggono, in luoghi diversi del mondo, gli istanti di festa della gente comune. Si tratta di soggetti consapevoli con cui l'autrice ha instaurato un rapporto nei mesi precedenti al fine anche di indagare le usanze del luogo in occasione dei festeggiamenti dell'ultima notte dell'anno. 

Oggi questo progetto ha un sito dedicato sul quale, attraverso una mappa del mondo, si può intraprendere questo sfizioso viaggio nello spazio e nel tempo.  


Montreal, 1987 - ph. Jill Waterman

Berlin, 1997 - ph. Jill Waterman

Miami, 2002 - ph. Jill Waterman

Paris, 1984 - ph. Jill Waterman

Shangai, 1995 - ph. Jill Waterman

Rio de Janeiro, 2001 - ph. Jill Waterman